Trent’anni fa, in un’ora imprecisata del primo pomeriggio del 25 marzo del 1977, il cinquantenne giornalista e scrittore argentino Rodolfo Jorge Walsh cammina per il quartiere San Cristóbal a Buenos Aires. Ha un’aria dimessa, pantaloni e camicia marron, cappello di paglia; in tasca la carta d’identità col falso nome Francisco Freyre. Ha da poco salutato Lilia Ferreyra, la sua compagna, e non sa o forse sospetta appena che di lì a breve cadrà nell’imboscata tesagli da una squadra di militari golpisti. Il giorno precedente, nel primo anniversario del golpe, ha scritto e firmato col suo vero nome la celebre Lettera aperta di uno scrittore alla giunta militare che Gabriel García Márquez definirà “un capolavoro del giornalismo universale”. Documentatissima, la lettera inchioda i militari golpisti alle loro responsabilità. Dagli atroci numeri della macelleria genocida a quelli della scellerata politica economica che «condanna di milioni di esseri umani alla miseria pianificata, raro frutto di fredda deliberazione e rozza inettitudine». Una giunta capace «solo di balbettare il discorso della morte».
Quel pomeriggio del 25 marzo Rodolfo Walsh doveva essere sequestrato per venire interrogato e torturato prima di “scomparire”. Ma tenta una fuga che fa scatenare il fuoco e cade sotto una raffica di mitra. Il suo cadavere non verrà mai ritrovato.
Tra il 1976 e il 1983 furono trentamila i desaparecidos in Argentina, 103 dei quali scrittrici e scrittori fra cui, oltre Walsh, il romanziere Haroldo Conti ed Héctor German Oesterheld, padre del celebre fumetto L’eternauta. E ancora: 2.300 omicidi politici, 10.000 arresti politici, 2 milioni di esiliati. 500 bambini brutalmente sottratti alle proprie madri – sequestrate e poi scientificamente uccise dopo il parto – poi affidati alle famiglie dei militari.
Di origini irlandesi, Rodolfo Walsh fu dapprima correttore di bozze, poi traduttore, giornalista, autore teatrale e di racconti polizieschi. Infine inaugurò, prima di Truman Capote, il genere del romanzo-reportage. Nei suoi libri-inchiesta Walsh ricostruisce la fucilazione clandestina e maldestra di civili innocenti avvenuta nel ’56 da parte delle forze armate (“Operazione massacro”, uscito in Italia per Sellerio); fa luce sull’assassinio dell’avvocato Marcos Satanowsky ad opera dei servizi segreti (El caso Satanowsky); indaga sulla mafia in seno al sindacato Cgt (¿Quien mató a Rosendo?). Traduce in forma narrativa l’incontro con Juan Domingo Perón, nell’esilio spagnolo, e quello col colonnello incaricato di custodire la salma di Evita Perón trafugata dai golpisti (quelli del ’55 stavolta) in quanto pericoloso oggetto di culto e devozione del popolo. A Cuba, nel 1961 decifra un cablogramma in codice che rivela il piano d’attacco Usa alla Baia dei Porci e permette di sventarlo. Infine milita nel movimento peronista dei montoneros, di cui criticherà la deriva militarista e la conduzione centralizzata e personalizzata.
L’Argentina uscirà poi dall’incubo della dittatura. Ma a trent’anni di distanza, in molti luoghi nel mondo, il prezzo per una scrittura che indaga, testimonia e non si piega è ancora altissimo. A pagarlo talvolta con la vita è – come dice Walsh in chiusura della celebre lettera – chi scrive «consapevole di essere perseguitato, ma fedele all’impegno di testimoniare nei momenti difficili».
Preciso che l’articolo – in forma ridotta – è uscito a pag. 43 dei quotidiani EPolis domenica 25 marzo
Inizia oggi il mio nuovo blog VIVA CUBA! dedicato all’isola che amo. L’indirizzo è http://vivacubalibera.blogspot.com/
Grazie Paolo.