“TRAS LA TORMENTA, LLEGO EL ARREGLO” Così scrive Página12 sulla conclusione della vicenda dell’invasione militare della Colombia in territorio ecuadoriano che ha interrotto le trattative per la liberazione degli ostaggi delle Farc (vedi disappunto del Comité Betancourt di Parigi) e soprattutto ha violato la sovranità di un Paese vicino. Il presidente colombiano Uribe ha ricevuto il sostegno di Bush (e che sarà mai se invade un altro Paese? In nome della guerra al terrorismo queste sottigliezze e norme internazionali per animi semplici e legulei sono ostacoli, pastoie, lacci), ma è rimasto isolato nel resto dell’America Latina. Ora, finalmente chiede scusa e promette “non lo faccio più” (Uribe pidió disculpas, además de prometer que no habrá más violaciones de soberanía. Y todo terminó en apretones de mano). Finale con strette di mano.
Spassosa come al solito la vignetta di Paz y Rudy:
– Uribe è preoccupato
– Perché?
– Teme che se vincono i Democratici lo rimpiazzeranno come ambasciatore Usa in Colombia
La quiete dopo la tempesta
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Bellissima storia. Maturità di fare la pace prima della guerra. Non solo e non tanto perché una guerra da quelle parti significherebbe barile di petrolio a 200 dollari. Non tanto e non solo perché scatenare un focolaio militare garantirebbe all’attuale presidenza Usa di aprire un nuovo fronte di consumo delle armi autoprodotte (con conseguente impennata delle esportazioni made in usa). Soprattutto per dimostrare che se ci si parla le cose si possono aggiustare.
Amen
Bellissima storia, sì… fosse come appare! “se ci si parla le cose si possono aggiustare”, certo ma un’analisi del grande Horacio Verbitsky – che ho tradotto ieri – ci rivela retroscena che forse in questo emisfero ci sfuggono…
vedi
http://www.gennarocarotenuto.it/2032-horacio-verbitsky-sul-ruolo-del-comando-sur-degli-usa-nella-crisi-colombia-america-latina