Passa con circa i due terzi il referendum sulla cosiddetta “Carta Magna”, la riforma della Costituzione promossa dal presidente Rafaél Correa, che rende possibile la sua rielezione e assegna allo Stato la regolamentazione dei settori strategici e il controllo delle risorse naturali.
Foto di Alfredo Piedrahita (El Telegrafo)
Rafaél Correa (6 aprile 1963) è presidente dell’Ecuador dal 15 gennaio 2007. Economista, ha conseguito un Master in Economia alla Université Catholique de Louvain (Belgio) e il Ph.D. in Economia alla University of Illinois di Urbana-Champaign (USA). Oltre allo spagnolo parla correntemente inglese, francese e la lingua Quechua. Cattolico osservante, Correa si definisce un cristiano di sinistra, propugnatore del socialismo del XXI secolo, che fa storcere il naso agli irregimentati commentatori nostrani. Ma è cristiano e ha studiato negli USA e in Europa, quindi offre meno appigli per essere attaccato come accade ai suoi pari grado Evo Morales e Hugo Chávez. Scettico nei confronti del trattato del libero commercio con gli USA (che ha prosciugato tante risorse di tanti paesi latinoamericani) e oppositore delle disposizioni del Fondo Monetario Internazionale (idem come sopra: che ha prosciugato ecc ecc) Correa ha lavorato per incrementare la cooperazione dell’Ecuador con gli altri Paesi Sudamericani. “Correa sa che il mercato, se lasciato a se stesso, concentra le ricchezze” dice di lui Werner Bear suo adviser alla University of Illinois. Insomma un uomo anti-deregulation, anti sottomissione supina agli interessi dell’FMI e della Banca Mondiale.
Vedi (in spagnolo) i quotidiani Expreso, Telégrafo, El Universo (Ecuador) e su Página/12 (Argentina) i commenti di Mercedes López San Miguel, di Gabriel Puricelli e di María Laura Carpineta.